Il riconoscimento è un atto con il quale i figli nati fuori del matrimonio sono riconosciuti, congiuntamente o separatamente, dalla madre o dal padre o da entrambi, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona.
Il riconoscimento è stato riformato con l’introduzione della legge n. 219 del 10.12.2012 che ha equiparato lo stato giuridico di tutti i figli. A seguito del d.lgs. 154/2013, attuativo della legge 219/2012, non vi sono più figli naturali e figli legittimi ma figli nati in costanza di matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio.
Prima di affrontare il procedimento di riconoscimento vero e proprio appare utile accennare al pre-riconoscimento, procedimento previsto e disciplinato dall’art. 44 del D.P.R. 396/2000 e dagli artt. 250 ss. del Codice Civile.
Prima della nascita di un figlio naturale, i genitori possono effettuare il pre-riconoscimento recandosi all’Anagrafe territorialmente competente (ovvero quella del Comune dove risiede la madre del nascituro) con i documenti d’identità di entrambi i futuri genitori e con un certificato medico che attesti lo stato di gravidanza. Gli addetti dell’Anagrafe indicheranno tempi e modi per perfezionare la dichiarazione di pre-riconoscimento, che consentirà che il riconoscimento vero e proprio avvenga da parte di anche uno solo dei due genitori.
Analizziamo ora il procedimento per il riconoscimento.
La dichiarazione di riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio è un atto solenne e irrevocabile, che può essere formalizzato con l’atto di nascita, con una dichiarazione davanti all’Ufficiale dello Stato Civile, con atto pubblico, con testamento (il riconoscimento contenuto in un testamento produce i suoi effetti solo dal giorno in cui è morto il testatore) o con un’istanza al Giudice Tutelare competente.
Il riconoscimento può essere fatto da entrambi i genitori o da uno solo di essi; in questo caso però non vi possono essere indicazioni da parte del genitore che riconosce circa l’altro genitore e, se ci sono, sono senza effetto (salvo il pre-riconoscimento di cui già si è detto).
Come già accennato in apertura, con la legge n. 219 del 2012 e la successiva integrazione del d.lgs. 154 del 2013, i figli nati fuori dal matrimonio possono essere riconosciuto dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento.
Se il figlio viene riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori assume il cognome del padre, altrimenti del genitore che lo ha riconosciuto per primo.
Se il padre lo ha riconosciuto dopo la madre, il figlio può scegliere di assumere il cognome paterno aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. Se il figlio è minore questa decisione viene presa con un provvedimento giudiziale (previo ascolto del minore che abbia compiuto 12 anni oppure anche di età inferiore se capace di discernimento, ai sensi della Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo).
Il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione degli stessi doveri e degli stessi diritti previsti per i figli nati da genitori coniugati.
Tra gli effetti del riconoscimento vi è lcertamente ’assunzione della responsabilità genitoriale e quindi degli obblighi riconosciuti in capo ai genitori dal nostro Ordinamento.
Se il riconoscimento è stato fatto da tutti e due i genitori, l’esercizio spetta ad entrambi ed entrambi avranno quindi il diritto/dovere di vigilare sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del minore e saranno responabili del suo sviluppo psico-fisico, che dovrà essere perseguito sempre nell’interesse preminente dello stesso.
Una innovazione di non poco conto introdotta dalla legge n. 219 del 2012 è quella che vede il riconoscimento produrre effetti non solo verso i genitori ma anche verso i parenti, laddove la normativa previgente prevedeva che il figlio naturale rimanesse fuori dalla famiglia del genitore che lo aveva riconosciuto e non divenisse quindi parente o affine dei parenti, ascendenti compresi, del proprio genitore.
In quest’ottica, il D.lgs. 154/2013 ha riformato l’art. 317 bis del Codice Civile, legittimando gli ascendenti a ricorrere all’Autorità giudiziaria nel caso in cui sia impedito il loro diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni e li vede sostituirsi ai genitori nel caso essi non siano in grado di provvedere al diritto/dovere di vigilare sull’istruzione, sul’educazione e sulle condizioni di vita del minore e quindi di assumersi a pieno la propria responsabilità genitoriale.